CD19 come target nella terapia anti-linfoma

Contenuti a cura di Annalisa Chiarenza, Alice Di Rocco, Francesco Piazza

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Commento della Faculty

CD19 come importante molecola per la biologia del linfocita B e come target terapeutico:

• CD19 è una glicoproteina trans-membrana di 95 kd espressa quasi esclusivamente nei linfociti B, a partire dai primi stadi di maturazione.
• Una delle sue funzioni principali è la modulazione del segnale intracellulare che emana dal B-cell receptor (BCR) e da altri recettori di membrana coinvolti nella segnalazione come CD40.
• CD19 segnala anche ad aumentare i livelli del proto-oncogene c-Myc
• CD19 è espresso ampiamente in un vasto spettro di neoplasie linfoidi B ed è stato negli ultimi anni utilizzato come target terapeutico.
• Terapie dirette contro CD19 sono prevalentemente costituite da anticorpi monoclonali, anticorpi monoclonali coniugati con farmaci e cellule T con antigene del recettore chimerico (CAR-T).

Espressione di CD19 nelle neoplasie linfoidi:

• E’ espresso nella maggior parte delle leucemie acute linfoblastiche, leucemia linfatica cronica and linfomi a cellule B
• Sottotipi con ridotta espressione: linfoma follicolare e linfoma diffuso a grandi cellule CD10+ ne possono esprimere di meno.
• Il mieloma multiplo, a differenza delle plasma cellule normali, non lo esprime.

Meccanismi di resistenza alle terapie dirette contro il CD19:

• Perdita dell’antigene bersaglio CD19 a causa di meccanismi genetici piuttosto che di modulazione dell’espressione, e conseguente tumour escape alla terapia hanno limitato l’ efficacia di terapie CAR-T anti-CD19 nella leucemia linfoblastica B, con un’ incidenza variabile da 10% a 70% dei casi.
• Nel caso di anticorpi monoclonali Tafasitamab e Loncastuximab non vi sono sufficienti studi che hanno indagato i meccanismi di resistenza. Per analogia con quanto si conosce sui meccanismi di resistenza all’anticorpo monoclonale anti-CD20 Rituximab, c’è la possibilità di una ridotta espressione di CD19, mutazioni di CD19 e di una dipendenza da polimorfismi dei recettori di Fc-gamma.
• In uno studio pubblicato dagli investigatori della University of Pennsylvania si è determinato che la percentuale dei linfomi (DLBCL e follicolari) che perdono l’espressione di CD19 dopo terapia con CAR-T anti-CD19 si attesta tra il 5 e il 30% dei casi.

Evidenze sulle terapie sequenziali anti-CD19 in termini di efficacia:

• Nel lavoro pubblicato dello studio L-MIND di Salles G et al. è descritto un paziente che – ricaduto – è stato trattato con CAR-T anti-CD19 con successo (remissione completa).
• Fitzgerald K et al. hanno descritto 3 casi di pazienti con DLBCL trattati con Tafasitamab e progrediti per i quali è stata pianificata terapia con CAR-T anti CD19 ma nei quali in biopsie seriate della massa tumorale non è stata documentata espressione di CD19 (masking), causando un ritardo nel ricorso alla terapia CAR-T.
• In un altro lavoro Duell J et al. hanno dimostrato in campioni seriati di 12 pazienti arruolati nel protocollo L-MIND la persistenza dell’espressione di CD19.
• Thapa B et al. hanno mostrato che Loncastuximab potrebbe non precludere una terapia susseguente anti-CD19: in una piccola serie di 14 pazienti che hanno progredito sotto Loncastuximab l’espressione di CD19 era mantenuta e la malattia aveva dimostrato una risposta a CAR-T anti CD19.

Conclusioni:

• Sono necessari studi per determinare l’impatto di precedenti terapie anti-CD19 con anticorpi monoclonali sulla terapia con CAR-T anti CD19.
• Esiste un problema metodologico. Lo staining mediante fluorescence-activated cell sorting (FACS) può non essere in grado di rilevare CD19-mascerato da Tafasitamab e l’immunoistochimica potrebbe fornire risultati falsi positivi a causa della rilevazione del dominio di CD19 intracitoplasmatico. Nuovi metodi di colorazione potrebbero, pertanto, essere richiesti allo scopo di determinare in modo conclusivo la durata dell’occupazione da parte di Tafasitamab del CD19 di superficie.

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